domenica 8 novembre 2015

In ricordo del Sen. Lorenzo Cappelli

MOZIONE SU:
“La città di Cesena ricorda il Sen. Lorenzo Cappelli”

Gilberto Zoffoli, Consiglio Comune del 05.11.2015

Con questa Mozione chiediamo che oggi, questo Consiglio comunale, ricordi con partecipazione la scomparsa avvenuta il 15 ottobre scorso di un nostro illustre concittadino.
Chiediamo di ricordare il Sen. Prof. Lorenzo Cappelli!
Auspichiamo che venga intitolato a Lorenzo cappelli uno spazio pubblico, una piazza, una via, una rotonda, una sala!
Vogliamo oggi ricordarlo!
Vorrei ricordare Lorenzo Cappelli attraverso legami personali, per la vicinanza che ho avuto con lui in questi ultimi anni. Con Cappelli ho condiviso la costruzione di uno spazio di cultura politica (Movimento Romagnolo di pensiero e di agire politico “Eligio Cacciaguerra) che rispondesse ad un bisogno di rinnovamento dell’agire politico. Da Cappelli ho avuto incoraggiamento e sostegno affinché mi compromettessi dentro un’avventura politica che mi ha portato a candidarmi sindaco alle ultime elezioni amministrative.
Ritengo però bene compiere questo ricordo in un altro modo!
Con il Senatore Lorenzo Cappelli scompare un protagonista della storia politica di questa nostra terra di Romagna al termine di una lunga vita  dedicata, con autentica passione, alla costruzione del bene comune, esempio mirabile di dedizione e servizio, nell’esercizio intelligente e pacato dell’impegno politico e delle responsabilità amministrative.
La figura del Sen. Lorenzo Cappelli non può essere relegata alla memoria di qualcuno anche se di molti!
Senza la pretesa di dare conto di tutta un’esistenza vissuta intensamente, vorrei provare, allora, a ricordare Cappelli in tre modi: un primo narrando brevemente chi è stato, un secondo attraverso una citazione che Cappelli amava richiamare spesso e un terzo modo leggendo un breve brano di un discorso di una figura a cui Cappelli faceva riferimento costante.
v Chi è stato Lorenzo Cappelli!    
Cappelli nasce a Mercato Saraceno il 2 giugno 1922. Laureato in fisica, professore di matematica (ha insegnato anche nella scuola media di S. Piero), preside, è sempre rimasto legato a Sarsina. Sindaco di Sorbano dal 1948 per tre anni (il Comune di Sorbano verrà poi assorbito da Sarsina nel 1964), dal 1951 al 1995 ricopre ininterrottamente la carica di Sindaco di Sarsina. Dopo l’interruzione di un mandato, torna nel 1999 ad essere Sindaco di Sarsina  fino al 2009. Cappelli per ben 57 anni della sua vita è stato Sindaco!
Ha vissuto con intensità e da amministratore gli anni del dopoguerra, gli anni della ricostruzione! È stato presidente delle Case popolari della Provincia di Forlì dal 1964 al 1971. Poi ha ricoperto la carica di Presidente  della Camera di Commercio. Eletto alla Camera dei Deputati nel 1976  e riconfermato nel 1979; nel 1987 viene poi eletto Senatore. Quando dovrà scegliere tra il mandato parlamentare ed il ruolo di Sindaco sceglie di continuare a fare il Sindaco.
Cappelli, dal 1958 al 1964 e dal 1971 al 1971 è stato anche segretario provinciale della Democrazia Cristiana subentrando a Gino Mattarelli.
Cappelli, nella sua vita, ha rivolto il suo impegno in molti altri ambiti. Vorrei ricordare il suo impegno attivo e determinante nel MAR (Movimento per l’Autonomia della Romagna).
Una vita intensa, una splendida figura di amministratore e di uomo politico che si è dedicato al bene della sua gente, dentro le istituzioni, difendendone il valore e il senso democratico.
v La politica è la forma più alta della carità!   
Questa citazione di Paolo VI è quanto Cappelli amava ripetere, prima di tutto a se stesso, per caratterizzare il suo impegno e i suoi comportamenti.
La politica che per Cappelli è stata la dedizione di una vita; una politica certamente non vissuta come professione, da professionista, ossessivamente volta alla ricerca di un’affermazione personale, perché ai politici è chiesto di cercare non il proprio tornaconto ma la dignità umana. Una vita politica, quella di Cappelli, illuminata dall’onestà, dalla rettitudine, dalla discrezione, dall’eleganza, dall’autorevolezza, dal prodigarsi per il bene comune. Davvero un esempio di buon politico! 
La forma che attraverso l’azione politica significa dare risposte, dare concretezza!  Perché la politica necessariamente deve avere la forma di scelte che incontrano i bisogni della gente che abita la città! Quella forma che cambia, trasforma le difficoltà, le sofferenze in opportunità, in crescita, in sviluppo, in ricchezza. Quella forma che permette al volto umano della città di esprimersi, di vivere, di guardare in alto. Rammendare la città è la forma che la politica può avere oggi!
L’altezza della politica passa necessariamente nel servizio! Servire le istituzione, appoggiarsi alla democrazia, essere amministratori della cosa pubblica è la misura alta con la quale ci si deve relazionare sempre. Istituzioni che vanno servite e non usate, democrazia che va promossa e non occupata, la cosa pubblica che va amministrata come bene di tutti e non di pochi! Cappelli ha sempre ritenuto che ci fosse un modo alto di vivere la politica: servendo, promuovendo e amministrando!
La carità! Questo è il senso ultimo che la politica ha nella sua forma e nel suo modo alto di essere vissuta. La carità è chinarsi verso il basso, verso le povertà, verso le situazioni di sofferenza e di difficoltà. La Carità è volgere lo sguardo verso la vita, verso il futuro, verso la costruzione del bene per ogni uomo; carità è parte di quel dinamismo della bontà che si dispiega verso l’amicizia sociale.   
v Voi avete un solo diritto!
      Una figura alla quale Cappelli faceva riferimento costantemente nel suo impegno politico per la città era Giorgio La Pira.
E allora, vorrei come ultimo passaggio di questo ricordo del Sen. Lorenzo Cappelli, leggere uno stralcio del discorso che La Pira, Sindaco della Città di Firenze, fece al suo consiglio comunale il 24 settembre del 1954, un momento molto difficile della ricostruzione del Paese, in cui il tema della casa era devastante.

Discorso al Consiglio Comunale 24 settembre 1954 
 (…) Signori, io dico a voi, chiunque voi siate: se voi foste sfrattati? Se l'ufficiale giudiziario buttasse sulla strada voi, la vostra sposa, i vostri figli, i vostri mobili, voi che fareste?
Ditemi voi, come fareste? In una comunità cittadina non bestiale ma umana è possibile lasciare senza soluzione un problema così drammatico per la sua improrogabilità ed urgenza?
È possibile che un Sindaco, di qualunque parte sia, se ne resti indifferente davanti a tanta cruda sofferenza?  Ripeto, se capitasse a voi, che fareste? 
Nelle relazioni fra gli uomini bisogna sempre porsi questa domanda nella quale sta l'essenza della legge di amore che il Signore ci comanda: se tu fossi in una determinata posizione cosa vorresti che venisse a te fatto? Non si sbaglia mai quando si sbaglia per eccesso di generosità e di amore: si sbaglia sempre, invece, quando si sbaglia per difetto di comprensione e di amore!
Ebbene, signori Consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia!
Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.).
È il mio dovere fondamentale questo: se c'è uno che soffre io ho un dovere preciso: intervenire in tutti i modi con tutti gli accorgimenti che l'amore suggerisce e che la legge fornisce, perché quella sofferenza sia o diminuita o lenita. 
Altra norma di condotta per un Sindaco in genere e per un Sindaco cristiano in ispecie non c'è!
Quindi, signori Consiglieri, è bene parlare chiaro su questo punto! Ripeto, voi avete un diritto nei miei confronti: negarmi la fiducia: dirmi con fraterna chiarezza: signor La Pira lei è troppo fantastico e non fa per noi! Ed io vi ringrazierò: perché se c'è una cosa cui aspiro dal fondo dell'anima è il mio ritorno al silenzio ed alla pace della cella di San Marco, mia sola ricchezza e mia sola speranza!
Ed è forse bene, amici, che voi vi decidiate così! Io non sono fatto per la vita politica nel senso comune di questa parola: non amo le furbizie dei politici ed i loro calcoli elettorali; amo la verità che è come la luce; la giustizia, che è un aspetto essenziale dell'amore; mi piace di dire a tutti le cose come stanno: bene al bene e male al male.
Un uomo così fatto non deve restare più oltre nella vita politica che esige - o almeno si crede che esiga - altre dimensioni tattiche e furbe! Ma se volete che resti ancora sino al termine del vostro viaggio allora voi non potete che accettarmi come sono: senza calcolo, fare il bene perché è bene!
Alle conseguenze del bene fatto ci penserà Iddio! 
                Cappelli, nella sua vita ha fatto bene, scegliendo sempre di fare il bene!

lunedì 2 marzo 2015

Atto Aziendale dell’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna

In merito alla discussione su questo documento che dovrà essere approvato nelle prossime settimane, vorrei toccare due aspetti!
1.    L’Atto Aziendale in quanto tale!
2. L’Atto Aziendale più propriamente nei suoi contenuti. Parlando in particolare di scopo e visione strategica, di territorio e del suo significato, dell’organizzazione aziendale che si prospetta.
Riguardo l’Atto Aziendale in quanto tale, come strumento della nuova Azienda Unica Sanitaria Locale della Romagna costituita il 1° gennaio del 2014, occorre partire con il definire cosa sia questo Atto Aziendale.
L’Atto Aziendale è un documento istituzionale di scopo, di indirizzi, di principi guida dell’organizzazione generale che contiene alcune decisioni organizzative aziendali le quali dovranno poi essere implementate e coordinate con il PAL (Piano Attuativo Locale) e il PAT (Programma delle Attività Territoriali). Richiamo questi ultimi affinché non ci si dimentichi che l’attenzione va mantenuta alta e perseguita anche in futuro.
L’Atto Aziendale è un atto deliberativo del Direttore Generale! Ma quale Direttore Generale? Di chi stiamo parlando? Oggi, di fatto, siamo in assenza di questa figura! Sulla stampa stiamo assistendo ad un “totonomine” su chi potrebbe essere il nuovo DG dell’Azienda Sanitaria della Romagna. Vedremo nei prossimi giorni! Ma sta di fatto che, con tutta probabilità chi dovrà deliberare questo Atto Aziendale non sarà lo stesso che ha prodotto il documento che oggi ci è sottoposto. Dovremmo anche tenere conto che in questa Regione è cambiato il Presidente, c’è un nuovo Assessore alla Sanità; la situazione è decisamente diversa rispetto a quella che ha prodotto il documento che oggi dovremmo discutere!
L’Atto Aziendale dovrà essere sottoposto, prima di essere deliberato, alla CTSS (Conferenza Territoriale Socio Sanitaria) organismo formato dai 74 Sindaci dei Comuni che formano come territorio l’Azienda Unica della Romagna. Vorrei ricordare, agli amministratori locali, presenti in questo organismo, che essi rappresentano i cittadini, i territori di cui sono amministratori. Questo perché l’intervento dei Sindaci sia fuori da logiche partitiche e di spartizione di potere. Ma anche perché il “particolare” non può e non deve essere subordinato e annientato dal generale: una USL unica Romagna non può costituirsi su un azzeramento dei bisogni, delle caratteristiche, delle particolarità e dei pregi di ogni singolo territorio.
Una ultima considerazione sull’Atto Aziendale in quanto tale vorrei farla sul percorso fatto per giungere oggi a questo testo. Partirei da quell’incontro avvenuto nella 1° commissione consiliare del 15 ottobre del 2014 con il Direttore Generale in uscita, Andrea Des Dorides. Ci presentò delle “bellissime” slide nelle quali, oltre a raccontare gli obiettivi di mandato che avrebbero dovuto animare il suo lavoro dalla costituzione dell’Azienda USL della Romagna, e che pertanto tralascio, ci mostrò il percorso di questo anno trascorso!
Era prevista una prima fase da gennaio a marzo 2014 il cui principio base doveva essere: “garantire la continuità dei servizi”; una seconda da aprile a giugno 2014, in cui il principio doveva essere: “orientare il cambiamento! E una ultima terza fase da luglio a novembre 2014 il cui principio base doveva essere: “Atto Aziendale condiviso”. A parte lo sfasamento di tempo, evidente a tutti, la domanda è se davvero questi siano stati i passaggi compiuti con i principi elencati, il cui metodo doveva essere articolato attraverso la trasparenza, le decisioni collegiali e la riorganizzazione della direzione strategica. A mio avviso il giudizio sull’operato di questo anno è molto negativo e non ha certamente favorito la costituzione di una USL unica di Romagna fatta a tavolino e costruita con nessun contenuto. Mi pare di capire che anche il PD, attraverso il suo gruppo consigliare, oggi esprima lo stesso giudizio! Mi fa piacere anche se sono davvero preoccupato per la sanità in Romagna.
Il secondo aspetto che volevo affrontare riguarda l’Atto Aziendale nei suoi contenuti, ed  in particolare  sullo  scopo  e  sulla  visione  strategica. Il punto dell’Atto Aziendale in cui si parla dello scopo, dice:L’Azienda ha come scopo la promozione, il mantenimento e il miglioramento della salute, sia individuale che collettiva, della popolazione residente e comunque presente a qualsiasi titolo nel proprio territorio, per consentire la migliore qualità di vita possibile, garantendo i livelli essenziali di assistenza.
Troppo spesso le grandi enunciazioni introducono, ma poi rimangono nell’attesa, perché vengono date per scontate. E ancora non dimentichiamo che quanto citato sopra,  ma anche  scritto in  altre  parti,  rischia  di  diventare  davvero  commovente nell’esposizione accademica e filosofica generica, perché questo scopo dobbiamo dirlo, è lo scopo di sempre; credo, e penso non possa essere diversamente, questo è lo scopo di ogni azienda USL, di quelle che c'erano prima e di quelle che  vorremmo  oggi. Questo  ci  fa  dire  che  non  basta  definire e dire lo  scopo.  Occorre costantemente non dirlo, ma verificarlo.
Una seconda sottolineatura è sulla visione strategica: sull’organizzazione di tipo reticolare.
Un’organizzazione di tipo reticolare esprime un sistema di relazioni dentro e fra i diversi servizi molto particolare. Ritengo sia un’organizzazione che indubbiamente privilegia l'attenzione sulle relazioni funzionali, cioè  sulla  maglia,  rispetto  invece  all’organizzazione  interna  delle  unità  produttive,  cioè  dei nodi.  In  questa  scelta  strategica  occorre  anche  leggere  il  rischio,  il  pericolo  che in questo Atto Aziendale, attraverso questa scelta reticolare,  diventa  rilevante e assordante  la  gestione  delle  relazioni  rispetto  all’unità  di prestazione dei servizi. Un reticolo, allora, in cui i legami vengono scelti prima, e soprattutto senza chiarire la maglia del reticolo nelle sue dimensioni e i nodi nelle loro caratteristiche di potenzialità; alla fine finisce che abbiamo un reticolo non chiaro e che rischia  in  parte di  essere  sbilanciato,  con  nodi  che  finiscono  per  avere  una  diversa dimensione di importanza e stirano la maglia in più direzioni. 
Un’altra sottolineatura che si deve fare riguarda il significato della territorialità nel sistema sanitario, soprattutto in  uno  scenario  come  quello  che  ci  si  prospetta: uno  sviluppo  delle  reti  e  un  maxi dimensionamento  aziendale. Allora  il  richiamo  è  al  territorio  “piccolo”, perché  il  territorio piccolo  torna  in  questa  prospettiva  ad  essere  l’ambito  privilegiato  del  governo  dei  processi sanitari e sociali. È il territorio che deve essere considerato punto di snodo delle reti, deve  costituirsi  come  ambito  privilegiato  di  governo  sanitario,  sociosanitario  e  sociale.  Per questo il rapporto con le Amministrazioni Comunali, soprattutto nei servizi sociosanitari, diventa importante. 
E  allora  la  dimensione  territorio,  e  quindi  la  definizione  dei  distretti,  non  può  essere
secondaria, soprattutto in un rapporto che deve attuarsi fra otto distretti e 21 dipartimenti. 
In questo c'è il ruolo degli Enti Locali e dei Comuni!
Un ultimo aspetto da mettere in luce riguarda l'organizzazione aziendale.
A nessuno può sfuggire, leggendo l’Atto Aziendale, come questo rappresenti la complessità di un
modello aziendale, in cui l’intreccio fra la governance, fra le logiche e gli strumenti di  organizzazione e l’intreccio  con  l'organizzazione  stessa,  determini  un  sistema  di  relazioni orizzontali  e  verticali  che   sono  davvero  difficile da individuare,  da precisare e capire,  così da rilevare anche chi fa che cosa, chi e a chi si rende conto, in definitiva quale sia la catena di comando. In questo Atto Aziendale sono davvero ampi i margini  di  discrezionalità.  E’  questo  il  punto che  evidenzio come “pericolo”! I troppi margini di discrezionalità rischiano di creare sacche e ambiti  di  potere  in  zone  particolari,  in  funzioni,  in  ruoli;  sacche  e  ambiti  di  potere  che  poi diventano difficilmente controllabili, e soprattutto possono creare condizioni, e influenzare in  maniera  fortemente  negativa  quello  scopo  che  si enunciava prima e per il quale questa ASL, questo Servizio Sanitario deve operare. 

Gilberto Zoffoli
Capogruppo Consiliare LiberaCesena
Consiglio Comunale del 19.02.2015

sabato 7 febbraio 2015

Servizio Civile Volontario!

dal Consiglio Comunale di Cesena del 05.02.2015

La dimensione del volontariato, soprattutto in ambito giovanile, è una componente di vita che non può essere trascurata perchè elemento di valore per una crescita personale e per una espressione di comunità dentro un territorio.
Mentre si riafferma l’intenzione di consolidare, a livello governativo, l’esperienza del servizio civile volontario (è in discussione alla Camera la riforma del Servizio Civile con l’introduzione del Servizio Civile Universale) per ampliare il numero di persone da poter coinvolgere in questa esperienza e mentre si discute in modo ampio sulla riforma del Terzo Settore, occorre però evidenziare che tra i giovani siano poco diffuse le pratiche di volontariato e di partecipazione civica.
Tendenzialmente non sono molto propenso a citare dati, indagini statistiche, percentuali, ma a riguardo vorrei farlo perché sono numeri che danno lo spessore di una situazione che personalmente, nell’esperienza che vivo, trovo vera e reale.
Vorrei portare come conferma dati ricavati da un’indagine, “Rapporto Giovani”, compiuta dall’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica di Milano che, poi, nello specifico è stata presentata e utilizzata dal Governo nell’illustrare le riforme e gli impegni futuri in questo ambito (conferenza stampa del Sottosegretario al Lavoro 20.01.2015).
Dati che si riferiscono a dei giovani nati a cavallo degli anni 2000, quindi di età compresa fra i 14 e i 17 anni. Cioè:
-       quasi il 64,7% degli intervistati non ha mai praticato esperienze di volontariato;
-       l’86,4 % non ha mai partecipato a forme associative o gruppi organizzati;
-       una partecipazione che diminuisce ancora quando si considerano partiti o movimenti politici; solo l’8,8 % degli intervistati è coinvolto.
Dati che ancora di più confermano una tendenza che a mio avviso porta, insieme ad un diminuzione di ricchezza che ogni giovane riceve da un’esperienza di volontariato, ad un indebolimento della democrazia.
I motivi che esprimono questo indebolimento sono diversi, non solo perché si rileva uno scarso interesse sociale e per il bene comune, ma anche perché l’impegno civico è indicatore della coscienza del tessuto sociale e incide su quella “solidarietà democratica”, come la chiamava Jürgen Habermas filosofo tedesco. Il quale ritiene che proprio attraverso questa solidarietà democratica si veicola nella società un reciproco riconoscimento delle diversità e costituisce ciò che rende accettabili le regole sociali e la legittimazione degli equilibri di potere nelle istituzioni.
Perché allora c’è questo sentire fra i giovani?
Non mi addentro in analisi sociologiche, però alcuni elementi vanno evidenziati così da dare la giusta rilevanza alla dimensione del volontariato e, in esso, al servizio civile volontario.
1.    Un primo elemento proviene sicuramente da alcuni processi culturali in cui siamo immersi, nei quali si è privilegiata la dimensione individuale rispetto a quella comunitaria: sono forti i messaggi che spingono alla competizione e al successo e che portano a disinteressarsi dei legami e delle relazioni, favorendo un impegno verso la soddisfazione dei propri desideri.
2.    Un secondo elemento di lettura di questa realtà può essere connesso con lo scarso livello occupazionale. La crisi occupazionale nei giovani porta le persone che non lavorano ad essere meno coinvolte nella partecipazione civica, si sentono meno integrati nella società in cui vivono e tendono a ricercare sostegno piuttosto che offrirne agli altri.
3.    Un ulteriore elemento si può rintracciare nella egemonia involontaria delle generazioni adulte che sono radicate nelle diverse pratiche di volontariato civile e politico e spingono le nuove generazioni al disimpegno. I giovani sono portatori di novità e la sproporzione demografica fra giovano e adulti porta a far prevalere il “si è fatto sempre così”.

A fronte anche di queste considerazioni, allora, la mozione sul servizio civile che ci è posta oggi ha due risvolti che vanno apprezzati e sostenuti.
Primo!
Nella parte del ritenuto della mozione dove si esprime il valore e il senso del Servizio Civile Volontario proprio in ordine al recupero di valore sopra evidenziato.
Secondo!
Nell’impegno che vede il Comune direttamente coinvolto attraverso questo “piano di fattibilità di un sistema sperimentale di Servizio Civile”. Un impegno che coinvolge il Comune come espressione di una “città larga” in cui non si cercano nel Servizio Civile vantaggi economici. Davvero occorre essere liberi da interessi particolari e di parte.
Il Comune in questo può alzare il livello e la prospettiva anche a partire dalle relazioni con gli altri enti che nel territorio si occupano di Servizio Civile.
Vorrei che vedessimo i risvolti positivi di questo recupero, anche governativo, in risorse per la promozione del volontariato, del Servizio Civile!
È davvero un bene che attraverso la riforma del Servizio Civile Universale vengano stanziate più risorse economiche.
Il minimo nazionale raggiunto nel 2013 pari a 1300 giovani impegnati nel Servizio Civile Volontario, era davvero preoccupante. Nel 2014 si sono stanziati fondi tali da far salire il numero a 15.600 giovani, fino alle risorse destinate per quest’anno (2015) per le quali si potrà raggiungere un numero di giovani impegnati nel servizio civile volontario pari a 50.000 unità. Questo numero è costituito da tre componenti: 34.000 posti con un bando che uscirà a marzo, 7.500 attraverso l’organizzazione del progetto “garanzia giovani”, altri 8.500 posti si ricaveranno con altri bandi  diversi.
È da accogliere, quindi con favore questo impegno del Governo italiano che vuole raggiungere i 100.000 giovani nel 2017.
Ma ribadisco, però, la necessità e la volontà di sostenere e promuovere il Sevizio Civile evitando di “usare” il Servizio Civile Volontario per altri scopi.
Il Servizio Civile Volontario può rappresentare un grande momento di impegno civico da parte dei giovani, può costituire un importante strumento di crescita personale, di partecipazione attiva, di condivisione di valori, umani e solidaristici. E certamente può costituire un’esperienza propedeutica all’ingresso vero e proprio nel mondo del lavoro.
Sostenere e promuovere un’azione specifica in riferimento al Servizio Civile Volontario da parte dell’Amministrazione, senza vincoli e legami particolari, può alzare il livello di questa partecipazione.
Il nostro interesse devono essere i giovani!  Dobbiamo dare sostegno alle loro possibilità di essere “narratori di speranza” per il futuro, invitandoli a farsi “esploratori” di questa terra, di questa nostra città, perché compromettersi, rischiare, accettare le sfide e dedicarsi sono i modi per rendere reali i sogni di vita propri di ciascun giovane.


Gilberto Zoffoli
Capogruppo Consiliare LiberaCesena


giovedì 8 gennaio 2015

Dire Europa!


L’Europa siamo noi è stato il tema di fondo che ha animato la riflessione proposta dalla Presidenza della Repubblica attraverso tre particolari sottolineature: Europa delle culture, Europa dei diritti, Europa delle scienze.
Una sollecitazione, una riflessione intensa e profonda perché parte di questo “essere noi l’Europa”.
Sì, mi pare che occorra partire da qui, perché noi siamo l’Europa!
Allora il tema rilevante e urgente è: 
DIRE EUROPA IN QUESTO TEMPO
Ritengo che questo dire abbia tre sottolineature:
  1. Dire Europa con la memoria dell’origine;
  2. Dire Europa con la novità per l’oggi
  3. Dire Europa con la speranza per il futuro.
Dire Europa con la memoria dell’origine
Sicuramente il Progetto Europeo trova radici nell’esperienza dolorosa della guerra, delle miserie umane e della disperazione. Un’Europa che non si è costituita a partire da un ragionamento su un futuro ideale, condotto dai capi delle Nazioni a tavolino, ma piuttosto un’Europa nata da uno sguardo al passato capace di compiere due esperienze fondamentali: quella della memoria e quella del perdono.
Due esperienze inscindibili!
Certamente il Progetto Europeo conosce il suo impulso in quel “MAI Più” pronunciato all’indomani degli orrori del secondo conflitto mondiale ed anche da quella inquietudine generata dalla contrapposizione che si veniva polarizzando fra blocco occidentale e blocco orientale.
Ma il Progetto Europeo nasce anche, e i Padri fondatori dovevano averlo ben presente, dall’esperienza dolorosa di successive separazioni e rivendicazioni dove il rischio molto forte era quello di un perdono affrettato che non tenesse conto adeguatamente delle ferite non rimarginate e lasciasse aperta la possibilità che queste tornassero a far male.
È in questo fare memoria del passato nel perdono che si possono collocare il fondamento di una coscienza comunitaria e l’urgenza avvertita di dare forme istituzionali. Una consapevolezza questa che giustifica quella “comunità di destino”, quale Robert Schumann  amò definire la caratteristica fondamentale dell’Europa. Ovvero l’impossibilità che ciascuna nazione europea perseguisse il proprio cammino nella storia e perseguisse il proprio sviluppo da sola e per sé soltanto.
La guerra aveva insegnato quanto ciascun paese e ciascun popolo non potesse in alcun modo risolvere le proprie questioni interne se non in una prospettiva comunitaria più ampia, avendo garantiti alcuni equilibri e obiettivi fondamentali di carattere socio economico e politico.

Dire Europa con la novità per l’oggi
È stata una sincera preoccupazione per il bene comune a sostenere De Gasperi, Adenauer, Schumann nell’incoraggiare la fase iniziale del Progetto Europeo intorno agli anni 50. Un’Europa unita come bene comune!
Una realtà che dipende da una forte compenetrazione fra ideali e realtà degli effetti! Per questo l’Europa non può essere un sistema teorico e tecnico, definito una volta per tutte.
Da qui la necessità e il senso profondo di dire Europa con novità per l’oggi!
In questo si gioca una progettualità efficace di cui la politica non può sentirsi estranea soprattutto oggi che la fiducia dei cittadini verso questa istituzione è molto provata da venti populisti ed antieuropei che rischiano di avere la meglio.
Dire Europa con novità per l’oggi, soprattutto alle nuove generazioni, è ricercare l’urgenza di un’Europa come “interesse comune” come ”punto di incontro” tra i popoli, così come si esprimeva Jean Monnet pensatore del sogno europeo, dalle molteplici concezioni di ciascuno può nascere la possibilità di una comunità europea.
Pace, solidarietà, promozione dei diritti fondamentali, creazione di un benessere diffuso, valorizzazione delle specificità nazionali in un quadro continentale sono valori che consentono di dire Europa con novità.
Ma occorre anche

Dire Europa con la speranza per il futuro.
Sì, perché solo con la fiducia e la voglia di futuro è possibile dire Europa!
Sicuramente è necessario che i popoli e gli stati membri dell’Unione Europea ritrovino uno slancio comune per affrontare e risolvere i “punti deboli” che appaiono dalla costruzione comunitaria.
E’ condivisa l’esigenza che si intervenga anche in materia di politica ed economica, oltre che monetaria, rafforzando parimenti il proprio bilancio e le possibilità d’intervento a fini redistributivi e di riequilibrio tra aree che presentano un diverso grado di sviluppo. È necessario, inoltre, il consolidamento di un modello sociale comune, a fronte dell’accentuarsi dei fenomeni speculativi che poggiano sulle differenze salariali e sindacali tra i lavoratori dei diversi Paesi membri. Nemmeno può rinviarsi oltre uno sforzo congiunto sul piano della diplomazia e della difesa, che consenta ai Paesi dell’Unione di parlare con una sola e più autorevole voce alla Comunità internazionale.
Ma insieme ai punti deboli che chiedono di essere affrontati, il futuro per l’Europa si esprime sui temi quali l’occupazione, la promozione di un modello socio-economico sostenibile, la tutela della salute umana e dell’ambiente, una gestione equilibrata delle migrazioni, il nodo della sicurezza strettamente connesso con i diritti dei popoli, la cooperazione con i Paesi poveri nei diversi continenti.
Su questi temi si gioca il futuro dell’Europa! Tutto però con la convinzione che l’Europa è il futuro!

Quel futuro che abbiamo la responsabilità, anche politica, di consegnare alle nuove generazioni.

Zoffoli Gilberto
Consiglio Comunale, Cesena 22.12.2014

La Cultura come opportunità di crescita per la città!

La Cultura come opportunità 
di crescita per la città!
Linee di indirizzo

Contenute in questo tema, ci sono delle dimensioni molto articolate sulle quali non si può sorvolare, trascurandone la portata.
Quale idea di cultura e quale idea di città!
Dobbiamo pensare e operare per una città che rappresenti davvero il progetto di vita che ciascuno costruisce insieme all’altro. Una città che esprima un progetto di umanità dove nella concretezza e nello spazio si esprima “la persona”, con la sua dignità!
In questo orizzonte la città è il luogo in cui vivere insieme, lavorare, vivere l’incontro e lo scambio delle idee, da cui scaturiscono la creatività, la ricchezza e dove si genera futuro!
Un’idea di una città che ha “un’anima”!
Una città dove la dimensione culturale esprime il suo essere! La ricchezza di una città è la sua cultura, è il suo vivere! Sì, perché la cultura è una cosa viva, è vita!
E allora la città di Cesena deve essere considerata un territorio unico ma articolato, deve costruire e comunicare organicamente una “identità”, ovvero la propria offerta di ambiente, arte, gusto, memoria, tradizione, … Come non riconoscere in tutto questo il peso, la storia, la forza che assume la nostra Biblioteca Malatestiana.
Ma il titolo riporta anche: crescita ed opportunità!
E allora … quale idea di crescita e quale idea di opportunità!
Crescita è la misura del nostro orizzonte! Non possiamo rinunciare  a crescere! A crescere come uomini e donne, come cittadini, e, ancora di più, come amministratori pubblici!
Ogni azione, ogni scelta, ogni progetto, ogni pensiero deve avere l’orizzonte lungo della crescita, dello sviluppo. Una crescita, uno sviluppo che ha una pluralità di facce!
Quella economica ne è una! Ma non possiamo dimenticare tutte quelle altre facce della crescita che permettono e realizzano il benessere! Che è stare bene!!!! Stare bene come persona, come famiglia, come impresa, come libera iniziativa, come partecipazione, come relazioni umani e sociali, come scuola, come lavoro, …  Stare bene per tutti, nessuno escluso!
Investire nella cultura diventa opportunità di crescita per la nostra città!
In latino si direbbe: “OB PORTUM”, verso il porto! Un vento favorevole che permette alle navi di entrare in sicurezza nel porto! Un’opportunità come un buon vento che soffia sulla strada che intendiamo percorrere!
La cultura è questo vento forte che ci può indirizzare verso la crescita. In tal senso non dobbiamo e non intendiamo sottovalutare l’importanza di queste linee di indirizzo sulla cultura ma anche e soprattutto il compito che siamo chiamati a svolgere nel dibattere e approvare queste linee. L’apporto e il contributo di tutti, il consenso ampio è utile, necessario, affinché un vento forte ci indirizzi velocemente verso il porto sicuro.
Entrando nel merito della delibera riguardante queste linee di indirizzo circa “La Cultura come opportunità di crescita per la città”, si possono evidenziare delle linee qualificanti ma anche delle criticità che appaiono evidenti!
ü Linee qualificanti
-  L’insieme e le parti! Cioè avere la visione dell’insieme con il riconoscimento che questo insieme è espresso da parti, ciascuna delle quali ha il suo valore! Allora va bene tenere insieme, in un progetto complessivo la Malatestiana, ma anche il teatro, il centro cinema, le attività culturali, la musica, il sistema museale, … È l’insieme con e nelle sue parti che rendono credibile un progetto culturale.
-  La Malatestiana come polo culturale!  È la centralità di questo bene, con la sua storia con la sua ricchezza che può dare forza ed essere il fulcro per la cultura cittadina ad ogni livello. È porre la Malatestiana con i suoi libri centrale in questo progetto che ne fa la differenza.
-  Cultura e Turismo. Intrecciare cultura e turismo è un’altra linea che convince. Non perché la cultura abbia bisogno, per essere tale, di avere un ufficio commerciale. Personalmente non condivido la definizione di “vetrina della cultura” , direi piuttosto che questo intreccio è una reale possibilità per rendere viva una cultura che sappia andare oltre, riesca a relazionarsi e a superare i confini di se stessa. La forza culturale è molto legata all’identità alla sua capacità di attrarre e di aprirsi verso altri territori altre culture, verso l’altro! In questo senso dare risorse al turismo e legarle alla cultura è compiere una scelta di grande intelligenza, anche politica!
-  Ottimizzazione nel rapporto spesa e gestione. È prima di tutto in linea con quanto più volte abbiamo espresso anche in fase di bilancio. È in questa economia che si sperimenta la capacità amministrativa di chi governa una città. Soprattutto in questo tempo gli sprechi le non economie non sono accettabili! Ma ancora di più oggi non ci è chiesto solo di non sprecare, ci è chiesto di più. Ci è chiesto di ottimizzare! Ottimizzazione che è in ordine alle risorse umane, agli spazi, alle dotazioni, alle strutture, … Occorre in tal senso avere coraggio!
-  Circolarità delle relazioni fra ambiti! Un circolarità certamente fra diverse realtà culturali, ma occorre anche parlare di circolarità in una prospettiva orizzontale fra pubblico e privato. Le ricchezze, le varietà, le iniziative anche private che sono caratteristica di una identità culturale di un territorio come il nostro, devono avere la possibilità di esprimersi e soprattutto di relazionarsi con pari opportunità e dignità. Pubblico e privato possono, in relazione, essere portatori e componenti di uno stesso progetto culturale per questa città.
-  La preoccupazione per richiamare risorse economiche e finanziarie. Una preoccupazione che non si può trascurare! Bene e importanti le sinergie fra le professionalità presenti nel servizio politiche comunitarie. Occorre monitorare le opportunità derivanti dai bandi in pubblicazione e dare anche una costante informazione rivolta a tutte le associazioni culturali della città.
ü Criticità Evidenti
-  Non tutto è organizzativo! C’è una presunzione! Il pensiero che “la cultura come opportunità di crescita per la città” sia una questione di assetti gestionali! Non si possono separare le scelte organizzative dal patrimonio di storia, di esperienza, di risorse che sono presenti in questa città.
-  Lo sguardo basso! Occorre alzare lo sguardo! Non si possono affrontare linee di questo genere con la esclusiva immediatezza del presente. Soprattutto quando si indirizzano delle strategie, quando parliamo di Biblioteca Malatestiana.
-  Autonomia e unione dei livelli gestionali. Mi riferisco alla costituzione di un unico settore, con tre servizi! Mi riferisco alla eliminazione dell’Istituzione Biblioteca malatestiana. Questo dell’autonomia e della unificazione dei diversi livelli gestionali è una criticità che se non ben considerata rischia di indirizzare in modo sbagliato (indirizzo e gestione complessiva) l’intero progetto. È necessaria e indispensabile l’unificazione, ma non si può eliminare quell’autonomia di indirizzo, di sollecitazione, di controllo che in particolare serve alla Biblioteca malatestiana, soprattutto nel livello scientifico.
-  La prospettiva progettuale. Occorre indicare chiaramente che si intende operare per progetti, in attuazione a delle linee che sono e che rimangono di indirizzo. Evitiamo la tentazione di confondere le linee di indirizzo con le piccole cose  che finiscono solo per soddisfare le richieste che, seppur legittime, in diversi possono avanzare.
-  Mancanza di investimenti e di risorse! È una richiesta forte a non rinunciare ad investire, a destinare risorse economiche, in questo campo della cultura.
-  Ruolo dei privati! Prima parlavo di circolarità di relazioni! Quello che manca è una sensibilità generale in queste linee verso un ruolo elaborativo, economico e di presenza delle singole realtà private che operano in questo senso. Un aiuto potrebbe dedicare dalla istituzione di una “Consulta Cultura”.
A conclusione appare indispensabile evidenziare cosa c’è in gioco con questi “atti di indirizzo”.
Ci sono in gioco: le attese, per un patrimonio che è presente, per la valorizzazione della storia, dei beni, dei tesori che questa città ha! Il futuro per una visione di città che ha un volto, una identità. La crescita, anche economica, da ritrovare attraverso la capacità di proporsi, attraverso la capacità di richiamare dall’esterno. C’è il tema dell’accoglienza di Cesena! C’è in gioco l’azione politica! Una politica che con coraggio accetta e si assume la responsabilità delle sfide, una politica che sa compiere scelte! Un’azione che si pone al di fuori di logiche di spartizioni di spazi e di potere personale e gestionale. Un’azione politica che si colloca nella valorizzazione del merito e delle competenze.
Allora concludo e mi sia consentito farlo leggendo la motivazione con la quale nel giugno 2005 l’UNESCO ha inserito la Biblioteca Malatestiana di Cesena nel Registro della Memoria del Mondo!

«La biblioteca contiene lavori di filosofia, teologia e scritti di natura biblica, così come di letteratura scientifica e classica e di differenti provenienze. È un raro esempio di una completa e meravigliosa collezione conservata dalla metà del XV secolo, appena prima dell'avvento della stampa in Europa. La collezione è un esempio unico di biblioteca umanistica del Rinascimento, momento in cui le prime valutazioni sugli scritti e sugli insegnamenti cristiani lasciavano la strada a varie considerazioni secolari.»
                                                                          
Gilberto Zoffoli
Consiglio Comunale di Cesena del 30.10.2014